Firenze. Umani come Cristo per un’Italia migliore
Il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale è stato aperto a Firenze da Papa Francesco; l’intervento del Pontefice rappresenta una novità assoluta rispetto ai convegni precedenti. Egli, nell’aprire il suo discorso, non ha potuto non fare riferimento alla bellezza artistica del luogo che ha ospitato l’evento: la Cattedrale di Firenze, sulla cui cupola è rappresentato il Giudizio universale. L’immagine su cui ha chiesto di porre attenzione è quella di un angelo che porta la spada a Cristo, ma Gesù non assume i simboli del giudizio, anzi solleva la mano destra mostrando i segni della passione perché - riferisce Papa Francesco - «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17). Dalla figura di Gesù quale Giudice di Misericordia si può parlare di umanesimo, il Papa ha affermato: «Solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato».
Il Santo Padre, sulla linea del tema che accompagna questo Convegno (In Gesù Cristo il nuovo umanesimo)ha inteso presentare i tratti dell’umanesimo cristiano che è quello dei «sentimenti di Cristo Gesù», sentimenti reali, concreti, determinanti. Il primo è l’umiltà. «Dobbiamo perseguire la gloria di Dio, e questa non coincide con la nostra. La gloria di Dio che sfolgora nell’umiltà della grotta di Betlemme o nel disonore della croce di Cristo ci sorprende sempre», dice Papa Francesco. Un altro sentimento di Gesù che dà forma all’umanesimo cristiano è ildisinteresse. «L’umanità del cristiano è sempre in uscita. Non è narcisistica, autoreferenziale. Quando il nostro cuore è ricco ed è tanto soddisfatto di sé stesso, allora non ha più posto per Dio» Un ulteriore sentimento di Cristo Gesù è quello della beatitudine. «Il cristiano è un beato, ha in sé la gioia del Vangelo». Per Papa Francesco una Chiesa che presenta questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente.
Il compito non è facile, secondo Francesco, perché le tentazioni esistono e la prima da cui la Chiesa deve prendere le distanze è quellapelagiana, che spinge a non essere umile, disinteressata e beata. E lo fa con l’apparenza di un bene. «Il pelagianesimo ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte. Spesso ci porta pure ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività. La norma dà al pelagiano la sicurezza di sentirsi superiore, di avere un orientamento preciso. In questo trova la sua forza»; e invece, sottolinea il Santo Padre, «la dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, sa animare».
Un’altra tentazione da cui il Pontefice mette in guardia è quella dellognosticismo, che porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale però «perde la tenerezza della carne del fratello. Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significa costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e degenerare in intimismi che non danno frutto, che rendono sterile il suo dinamismo». Il Papa ha evidenziato che la Chiesa italiana ha grandi santi il cui esempio possono aiutarla a vivere la fede con umiltà, disinteresse e letizia e ha chiuso il suo discorso invitando a tornare al Gesù rappresentato come Giudice universale. Le beatitudini e le parole lette sul giudizio universale aiutano a vivere la vita cristiana a livello di santità.
Ai Vescovi il Papa ha chiesto di essere pastori. «Sarà la gente, il vostro gregge, a sostenervi», ha affermato, esortando nuovamente all’inclusione sociale dei poveri, che hanno un posto privilegiato nel popolo di Dio, e alla capacità di incontro e di dialogo per favorire l’amicizia sociale, cercando il bene comune. E infine ai giovani la raccomandazione: «Superate l’apatia. Che nessuno disprezzi la vostra giovinezza, ma imparate ad essere modelli nel parlare e nell’agire. Vi chiedo di essere costruttori dell’Italia, di mettervi al lavoro per una Italia migliore».
Papa Francesco chiama la Chiesa italiana ad essere inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. «Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà».
Anna Ricciardi