CI CONOSCIAMO?
IV domenica di Pasqua
IN ASCOLTO
Dal vangelo secondo Giovanni (10,27-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
IN AZIONE
Per cominciare…
Siamo alla domenica del Buon Pastore, com’è tradizionalmente chiamata questa domenica di Pasqua. Gesù è il Pastore: si apostrofa così. Ma definirsi così è una diminutio, è darsi “una zappa sui piedi” per gli occhi attenti dei Giudei: perché il pastore era quasi l’ultimo della società. E questo perché non aveva tempo di stare dietro al culto, perché doveva stare dietro… alle pecore.
E così Gesù sembra dirci che il culto nuovo, meglio, il culto pieno è quello che non termina con il segno di croce al termine di una liturgia o preghiera in genere, bensì continua nel farci prossimi, guide, vicini alle pecore: perché tutti, nel nostro piccolo, partecipiamo all’essere pastore.
C’è chi guida una famiglia, chi una comunità, un’associazione, chi è a capo di un’azienda; qualche volta sei pastore dei tuoi pari, quando sono in difficoltà o vivono un momento di confusione.
Allora… oggi chiedi al Signore che risorga il tuo modo di essere pastore dell’altro.
…e poi…
Se vuoi essere come Gesù, quando ti rapporti con gli altri, risorgi nella conoscenza. Le pecore lo ascoltano perché il Signore le conosce. Non è una conoscenza superficiale. Come quando, dopo due secondi che l’altro si è presentato, non ci ricordiamo nemmeno il suo nome. Il conoscere di Gesù è un condividere l’intimità: sa tutto di noi, condivide quanto ci portiamo dietro (la nostra storia) e dentro (il momento presente). Nessuno può resistere al fascino di chi sa tutto di sé. Sentirsi compresi è un dono troppo grande.
Se vuoi essere come Gesù, non conoscere l’altro per distruggerlo, per apprendere quali sono le sue ferite così da scagliare attacchi ben precisi. Conoscilo per custodirlo, provando quella custodia del Signore: nulla ci strappa dalle sue mani. Sii pastore come il Pastore rischiando qualsiasi cosa pur di non abbandonare in balia di lupi o mercenari coloro che Dio ha affidato alle tue cure.
Se vuoi essere come Gesù, non custodire da solo: la custodia di Dio è sempre a quattro mani! Difatti, nel brano evangelico Gesù parla delle sue mani e di quelle del Padre. C’è sempre bisogno di un “compagno di custodia”. Se nemmeno Dio è… solo nel custodire, tanto più noi: custodisci l’altro in sinergia con chi ha a cuore la stessa cura, nella stessa misura, con lo stesso amore. Chi custodisce in isolamento, si perde: non si possono portare i problemi propri da soli, figuriamoci quelli di “tutto un gregge”!
…per agire!
Ci conosciamo davvero?
Porta questa domanda nelle tue relazioni, soprattutto in quelle dove sei tu ad avere più responsabilità. Spendi tempo ad entrare nel cuore dell’altro, prima che nelle sue azioni. Fa’ che l’altro (tuo figlio… il tuo coniuge… il tuo alunno… il tuo paziente… il tuo dipendente…) possa seguirti quasi bendato, anche senza vedere e verificare a motivo di quella fiducia costruita e solida, che ha come fondamento una conoscenza vera, che prende il cuore e rende vivibile ogni difficoltà.
Rubrica a cura del sac. Michele Di Gioia